a 620 m di altezza su uno storico colle del Chianti Classico che il prof. Giovanni Dòmini acquistò insieme a qualche ettaro di terreno nel 1950. Il colle su cui sorge, un tempo si chiamava Salingolpe dal nome di quell’insediamento che gli Etruschi abitarono fin dal VI° secolo a.C.
Nel 1478 con la distruzione integrale dello storico villaggio quel nome servì ad indicare non più il colle, ma solo la casa e la terra del “beneficio parrocchiale di San Salvatore”. Il colle assunse il nome di Castellina Vecchia (o Castellinaccia) a denotare lo stato delle cose e dei luoghi ed una casa fu costruita quasi sulla sua sommità, non si sa quando e non si sa come.
Questa è Casalvento: una casa tutta in pietra vista che all’inizio doveva essere piccola e che poi, per successive aggiunte, si ampliò fino ad ospitare sotto lo stesso tetto uomini ed animali. Nel 1950 Casalvento, oltre ai segni della miseria, portava ben evidenti anche quelli della guerra. Un colle brullo e sassoso preso d’assedio da cespugli e piante aromatiche.
La profumata Lavanda selvatica, che nasceva copiosa e spontanea su quel terreno calcareo e difficile, fu usata in epoca romana dagli Etruschi. Di loro sappiamo che erano esperti farmacisti e profumieri dediti alla raccolta di piante medicinali e fiori da vendere nelle vie dell’antica Roma. Aryballoi, Likytoi, Bullae ed altri ancora erano i tipici contenitori in cui i profumatissimi unguenti erano conservati e venduti 2500 anni fa. Vetro, ceramica e alabastro erano i materiali scelti per questi preziosi contenitori.
La forma, sempre molto piccola e dotata di un beccuccio applicatore, poteva avere le somiglianze di un animale, di un frutto o di una parte del corpo umano. I contenitori erano privi di etichetta ma finemente dipinti e impreziositi da accuratissime lavorazioni di superficie.
Riprodurre la pianta, coltivarla, tagliare i fiori e dare vita ad un prodotto commerciale fu un impegno che durò diversi anni e finalmente nel 1962 le prime gocce di profumo uscirono dal nostro primo e semplice estrattore.
I distillatori che hanno prodotto le essenze sono stati sostituiti negli anni con modelli sempre più grandi e funzionali. Il metodo estrattivo è rimasto però sempre lo stesso: utilizziamo il vapore d’acqua, una sostanza inerte e pura che non interferisce con le qualità naturali delle essenze.
Il vapore acqueo prodotto da un apposito generatore attraversa la massa vegetale stipata in un grande alambicco di rame o di Inox, l’olio essenziale contenuto nei fiori viene così trascinato via e ricondensato in un serpentino separandosi dalle acque aromatiche (idrolati) entro un vaso “fiorentino”. Questa tecnica, la cui invenzione si perde nella notte dei tempi e ben descritta da Avicenna nell’anno 1000, si è perfezionata nel 1800 ed è rimasta praticamente uguale nei principi fisici fino ad oggi.
Quello che nel terzo millennio abbiamo in più è il perfetto controllo di ogni fase del processo (temperatura, durata, pressione, flusso, ecc) al fine di avere la migliore resa a qualità del prodotto.
Nel 1962 il famoso pittore senese Vittorio Zani (autore del logo della Banca Monte dei Paschi di Siena, delle etichette di alcune case vinicole di Montalcino produttrici del Brunello, di alcune marche di Panforte e dolci senesi e di molte altre opere) studiò per Casalvento una bellissima e classica etichetta da applicare ai flaconi di profumeria. Un’etichetta unica per una confezione originale ed una essenza “antica”.
Il nome “Lavanda del Chianti” indica le inconfondibili proprietà e l’origine di questo profumo. Molto prima che il Chianti divenisse “Classico” il profumo della sua Lavanda fu desiderato da ogni donna per sé e per la sua casa.